Compra Bene

Un vecchio adagio dice che quando si tocca al fondo, bisogna iniziare a scavare; secondo i keynesiani è anche un buon modo per uscire da una depressione economica.

Lo giuro, ci ho provato. Quando mi han segnalato ed ho letto questo articolo de Linkiesta (o meglio di un fantomatico Keynes blog su Linkiesta) intitolato “perché la spending review è sbagliata,” per circa 30 secondi ho pensato di smontare le loro “affermazioni.”

Poi ho cambiato idea e  ho deciso di prenderli in giro. Dopotutto il discorso serio l’ho già fatto, a grandi linee, qui.

Spending review, revisione della spesa. E’ questo il mantra degli ultimi giorni, con la nomina della commissione formata dai tecnici Bondi, Amato e Giavazzi. Sull’argomento le battute sono sin troppo facili: un governo di tecnici che nomina altri tecnici (di cui però uno è in realtà anche un politico). Al di là di ciò, la spending review significa una cosa semplice: tagli alla spesa. Attenzione: l’obiettivo del governo non è la riqualificazione della spesa stessa, attraverso l’eliminazione delle spese meno produttive e l’utilizzo delle somme così risparmiate per investimenti e spese più utili. L’obiettivo dichiarato è diminuire la spesa pubblica.

Vade retro Saragat! Ridurre la spesa pubblica! Giammai! Spesa pubblica bene comune! Ah no scusate, mi confondevo…

Cosa c’è di male in questo? Molto. La spesa di qualcuno è sempre il reddito di qualcun altro.

Nel caso in questione la spesa pubblica era il reddito di qualcun altro: il contribuente.

Keynes blog, chi sono gli autori? Guido Iodice e Daniele Palma. Chissà da chi prenderanno lo stipendio…

Andiamo avanti!

Se andiamo al supermercato e compriamo del formaggio, ad esempio per la somma di 5 euro, avremo incrementato il reddito del supermercato, il quale pagherà i suoi dipendenti. Parte dei nostri soldi andranno ovviamente al produttore del formaggio acquistato e quindi anche ai suoi dipendenti, e giù fino all’allevatore che ha fornito il latte. Se però decidiamo di non acquistare il formaggio, tutti questi soggetti non avranno la loro quota parte dei nostri 5 euro. Se insieme a noi fanno questa scelta di risparmio 10 milioni di italiani, vorrà dire che il reddito nazionale non vedrà la bella somma di 50 milioni di euro.

Quindi non comprare il formaggio significa affamare il supermercato, i dipendenti che ci lavorano, i produttori e giù sino all’allevatore. Ve l’aspettavate da un comunista [1] come Iodice la tesi per cui il consumatore,  non comprando, affama il capitalista  e i suoi dipendenti? Che dirà Marx dall’aldilà? [2] Ma allora il trota era un benefattore!

Notare l’inversione di prospettiva. Non sono io, affamato, che compro il formaggio e ricompenso l’imprenditore (in questo caso il padrone del supermercato) che me l’ha fatto trovare pronto sui loro scaffali. No! Sono un affamatore di popoli se non lo compro!

Questo è il caso più semplice. Ora facciamo un’ipotesi aggiuntiva, ovvero che vogliamo ancora il formaggio, ma vogliamo risparmiare. Scopriamo che esiste un formaggio simile a quello che preferiamo, ma è prodotto in Germania, e costa un poco meno di quello italiano, diciamo 4 euro. Comprando il formaggio avremo ancora pagato una parte dello stipendio dei dipendenti del supermercato, ma parte della nostra spesa finirà al produttore tedesco e all’allevatore (probabilmente anch’esso tedesco), aggravando la nostra bilancia commerciale nei confronti della Germania, cioè il vero problema del nostro paese come degli altri PIIGS.

Porca miseria, avevo appena comprato dieci forme di Emmenthal per stimolare l’economia. Ora devo pure stare attento a comprare solo italiano?

Se l’esempio vi sembra troppo di fantasia, bene, sappiate che il primo esportatore al mondo di formaggi nel 2008 è stata proprio la Germania. D’accordo, lo Stato in genere non compra formaggio, ma basta sostituire questa merce con le automobili o gli autobus e si comprende subito di cosa stiamo parlando.

Vero, lo Stato in genere spende i nostri soldi in altre cose, come i diecimila forestali calabresi, che però sono “made in Italy” e quindi vanno benissimo. Tutto reddito nazionale! Evviva! Esportiamo i forestali in Germania per rubare loro reddito!

Al danno, insomma, s’aggiunge la beffa. L’obiettivo di risparmiare quindi non è così virtuoso come sembra a prima vista. Al contrario, può produrre effetti estremamente dannosi per l’economia.

Vade retro! Immagino che Iodice e Palma spenderanno costantemente tutti i loro redditi senza risparmiare nulla! Ricordate che nella favola della cicala e della formica, quest’ultima è una stronza e la cicala aumentava la domanda aggregata.

Ovviamente se la spending review fosse indirizzata non al risparmio ma alla crescita, le cose sarebbero differenti. Si potrebbero infatti trovare risorse per investimenti e si potrebbero sostituire le importazioni con prodotti nazionali. Ma non è questo l’obiettivo che leggiamo sul sito del Governo.

Investimenti per sostituire le importazioni con prodotti nazionali? Autarchia portami via! [3] In pratica, se le importazioni sono un male economico, i paesi soggetti ad embargo o chiusi al commercio internazionale dovrebbero essere dei paradisi di crescita e sviluppo! Cuba! Nord Corea! Arriviamo!

Come diceva il buon vecchio Keynes, quando si risparmiano 5 scellini si toglie una giornata di lavoro ad un uomo.

E allora corri al supermercato a spendere tutto lo stipendio in formaggi e ricorda: compra bene, compra sano, compra solo keynesiano.

 

Bastiat Contrario

 

[1] Non è che vedo comunisti ovunque in stile berlusconiano, è lui stesso a descriversi così:

Guido Iodice ha ideato Aprileonline.info, quotidiano on-line del “Correntone DS” e Rossodisera.info, quotidiano on-line dell’area di Rifondazione Comunista-Sinistra Europea, noto anche come “la Velina rossissima”.

[2] Probabilmente chiederebbe a Engels altri soldi

[3] Keynes è stato a favore del commercio internazionale fino agli anni ’30 poi ha cambiato idea durante la Grande Depressione poi ha contribuito agli accordi di Bretton Woods per regolare il commercio internazionale.. insomma peggio di Mitt Romney.

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