Tasso al massimo

È oramai abbastanza chiaro per tutti che da questo governo, come da tutti quelli che l’hanno preceduto, non è lecito attendersi significativi tagli alla spesa pubblica  ma, se vi sarà un pareggio di bilancio, questo verrà raggiunto agendo solo dal lato delle entrate.  Da queste premesse si è scatenata una vera e propria campagna mediatica contro la figura dell’evasore fiscale, essere mitologico capace di mettere in ginocchio l’economia,” far suicidare” i suoi concorrenti onesti e costringere i governi ad aumentare ulteriormente l’imposizione fiscale.

Ultimamente, basta ascoltare un’intervista di Bruno Tinti in tv o oppure guardare Report per rabbrividire. Se ci pensiamo bene, però, il comportamento di Tinti o della Gabanelli sarà pure agghiacciante ma è perfettamente razionale, dopotutto queste persone di tasse ci vivono.

Ciò che invece mi colpisce come quantomeno curioso accade altrove. Da qualche anno in Italia è sorto un movimento anti-tasse, il Tea Party Italia, che trae ispirazione dal suo omonimo americano e propone un messaggio abbastanza chiaro e condivisibile: meno tasse, più libertà.

Non sono gli unici. Il regime di oppressione fiscale che ha completamente avvolto il nostro paese ha fatto sì che siano oramai in tanti a protestare contro un fisco iniquo e predone. Ed è proprio in queste proteste che ho trovato qualcosa di paradossale e sorprendente.

Molti degli appelli a ridurre il carico fiscale si richiamano infatti alla cosiddetta “curva di Laffer”.

Quella che Stiglitz definì una “teoria scarabocchiata su un foglio di carta,” in realtà enuncia una semplice ovvietà (evidentemente troppo difficile da capire per un Premio Nobel): se  uno Stato aumenta le tasse oltre un certo limite, le imprese chiudono, si trasferiscono altrove oppure scompaiono dal radar fiscale. La conseguenza è che le entrate fiscali diminuiscono.

In certi casi, quindi, tagliare le aliquote fiscali porta a un incremento delle entrate. In Italia, probabilmente, avverrebbe proprio questo.

Perché dicevo allora che è paradossale utilizzare la curva di Laffer come ragione per chiedere una diminuzione delle imposte? La risposta sta nello slogan “meno tasse, più libertà”.

La teoria infatti, non ci esorta ad abbassare le tasse, ridurre il peso dello Stato e quindi aumentare la libertà individuale dei singoli cittadini. Tutt’altro! La curva, al contrario, suggerisce la diminuzione delle aliquote come strategia per massimizzare le entrate fiscali e quindi permettere allo Stato di mantenere, se non addirittura aumentare, la sua dimensione nell’economia.

In conclusione, chiedere meno tasse va benissimo, ma lasciamo stare Laffer e facciamolo per le giuste ragioni!

 

Bastiat Contrario